Ha conseguito un dottorato di ricerca internazionale in Spagna e Germania e si è trasferita a Torino per svolgere un progetto sulle cellule staminali tumorali. Alla finale di Sumo Science nella sezione Marie Curie ci sarà anche Vanesa Cepas Lopez.
Come sei arrivata a studiare il cancro?
Da piccola non avevo una chiara idea di cosa avrei voluto fare: maestra, veterinaria, pediatra… Poi un poco più grande mi sono appassionata alle serie TV sulle indagini della polizia scientifica: da allora ho iniziato ad immaginarmi in un laboratorio. A scuola, la materia che mi piaceva di più era la biologia e perciò mi sono iscritta al corso di laurea in biologia.
Mentre studiavo all’università, mio nonno si è ammalato di cancro, e da allora mi sono interessata in particolare all’oncologia. Volevo trovare un modo per capire meglio cosa sia il cancro, come funziona e cosa possiamo fare per eliminarlo in modo che nessuna persona debba più combattere contro questa malattia. Ho pertanto deciso di specializzarmi nella ricerca in oncologia con un master e un dottorato di ricerca in biomedicina e oncologia molecolare.
La strada però, non è stata facile perché mentre facevo il dottorato, pensando che avrei studiato il cancro, per problemi di finanziamento in laboratorio, ho dovuto seguire principalmente un progetto sulle cellule staminali del testicolo, la dieta e la fertilità. Questo progetto era di particolare interesse per le possibili applicazioni per l’allevamento di animali per consumo umano: un settore decisamente diverso da quello che sognavo per me.
Perciò quando ho finito il dottorato, mi sono trasferita a Torino, per lavorare nell’IRCCS di Candiolo e poter veramente studiare il cancro.
Oggigiorno si parla di cellule staminali. Molte ricerche e linee di finanziamento sono legate allo studio di queste. Tu lavori nell’ambito delle cellule staminali tumorali. Ce ne puoi parlare.
In molti tumori esiste una popolazione di cellule staminali, le cosiddette “cellule staminali tumorali”. Queste cellule hanno la capacità di duplicarsi per mantenere inalterato il loro numero e di differenziarsi nelle diverse cellule che caratterizzano il tumore. In più, le cellule staminali tumorali hanno la capacità di resistere alla maggior parte delle terapie convenzionali (radioterapia e chemioterapia) e in molti casi sono le responsabili dello sviluppo delle metastasi e della ricrescita dei tumori dopo il trattamento (recidiva).
Ci sono due tipi di cellule staminali tumorali: da un lato ci sono le cellule staminali mesenchimali. Sono principalmente quiescenti e si dividono radamente. Forniscono al tumore una scorta di cellule staminali. Queste cellule dipendono dal metabolismo del glucosio. Dall’altro lato, si trovano le cellule staminali epiteliali. Queste cellule sono molto attive, si dividono velocemente e forniscono al tumore nuove cellule differenziate. Queste cellule hanno un metabolismo molto ossidativo e hanno un sistema antiossidante potentissimo.
Le cellule staminali tumorali hanno la particolarità di avere una grande plasticità, sono infatti in grado di modificarsi sia da un punto di vista morfologico che funzionale, a seconda delle condizioni dell’ambiente circostante, chiamato microambiente tumorale. E quindi possono passare dallo stato mesenchimale quiescente a quello epiteliale attivo anche a seconda dei bisogni del tumore.
È proprio questa plasticità che conferisce alle cellule staminali tumorali la capacità di generare tumori, uscire dai loro confini, attraversare i vasi sanguigni e infine colonizzare altri organi per formare metastasi.
La mia ricerca si concentra su tali cellule.
Ma come possiamo attaccarle ed eliminarle in modo efficiente?
La chiave potrebbe essere nascosta nel bilancio tra ossidanti e antiossidanti.
È stato dimostrato di recente che la plasticità delle cellule staminali tumorali potrebbe essere regolata dal bilancio tra ossidanti e antiossidanti. Infatti, quando le cellule staminali mesenchimali vengono trattate con ossidanti, si convertono in cellule staminali epiteliali.
Perché è così importate la plasticità?
Le terapie convenzionali (radioterapia e chemioterapia) aggrediscono principalmente le cellule che proliferano e producono molti ossidanti. Le cellule del tumore rispondo a questa aggressione producendo una grande quantità di antiossidanti che fa sì ché si convertano in cellule staminali mesenchimali, che sono quiescenti e non si dividono. Queste cellule sono resistenti a queste terapie e rimangono nascoste e possono proliferare più avanti, producendo una recidiva del tumore.
L’idea è dunque quella di intervenire controllando il bilancio tra ossidanti e antiossidanti al fine di convertire le cellule staminali mesenchimali quiescenti in epiteliali attive e in questa maniera aggredirle con radioterapia o chemioterapia per eliminare il tumore in una maniera affettiva. Questo è l’obiettivo della mia ricerca.
E del cancro alla mammella cosa ci puoi dire?
Il cancro è una malattia che ha colpito in Italia, solo nel 2022 391.000 persone. In particolare, il cancro alla mammella del quale mi occupo, è il tipo di cancro più frequente al mondo ed è il cancro con la mortalità più alta tra le donne. In Italia nel 2022 56.000 donne hanno avuto una diagnosi di cancro alla mammella.
La ricerca che io faccio è di tipo basico e traslazionale. Purtroppo, non può essere applicata in clinica velocemente. Però pensare che in futuro il mio contributo possa salvare la vita a una persona o allungare la vita (in ottime condizioni di salute) a una persona malata di cancro è la cosa più bella e gratificante che io possa concepire.
Ognuno di noi ha sempre un piano B, qual è stato il tuo?
Sono una appassionata di viaggi, mi piace conoscere nuovi luoghi e nuove culture. Per questo motivo adoro imparare altre lingue, per poter comunicare con le persone del posto e per poter approfondire gli aspetti culturali. Se non avessi intrapreso la carriera di ricercatrice avrei studiato filologia o traduzione.
Che esperienza è stata Sumo Science?
Sumo Science è stata una bellissima esperienza. È stata la prima volta che ho fatto una attività di divulgazione scientifica in Italia e inoltre anche in italiano. Mi è piaciuto in particolar modo potermi interfacciare con gli studenti delle scuole, le prossime generazioni di scienziati. Credo che sia di vitale importanza avvicinare la ricerca scientifica ai più giovani perché loro saranno le future generazioni di ricercatori, per incentivare la loro curiosità e il loro spirito critico. In più, da donna, credo che sia importantissimo condividere la mia esperienza e la mia ricerca con le giovani studentesse per incoraggiarle e avvicinarle alle professioni scientifiche.